In una delle ultime lettere che Seneca scrisse al suo amico Lucilio, negli anni 64/65 D.C poco prima che Nerone gli intimasse di suicidarsi, scriveva all’amico per dire che il modo in cui si infligge la morte a qualcuno, vuoi per tortura vuoi per esecuzione sommaria è anche un modo per impressionare le persone.
Nella scelta che è stata fatta da parte dei terroristi dell’ISIS, nella notte del 13 novembre a Parigi, c’è evidente la volontà di portare la morte attraverso una rappresentazione così cruenta, così aberrante da divenire, esso stesso, un atto di terrore puro.
Perché è così mostruoso quello che è stato fatto per mano di un manipolo di terroristi? Perché colpisce così profondamente le corde più intime? Da un lato c’è la casualità della morte, il suo giungere inattesa all’interno di un teatro, di un ristorante, un bistrò o davanti allo stadio.
Questa componente di imprevedibilità, di imponderabile ci fa sentire insicuri, incerti ed in balia di qualcuno che può in qualsiasi momento entrare nelle nostre vite e straziarle. E’ paragonabile alla forza paralizzante che esercita il boia davanti all’inerme condannato. In questo caso il boia è un tizio sbucato dal nulla, dentro un teatro dove si svolge un concerto e che lascia dietro di sé una scia di morti lunga decine e decine di persone.
Tutto questo, non può non apparirci terrificante.
Ma c’è dell’altro. C’è il confronto con una civiltà diversa dalla nostra dove il valore della vita è ribaltato. Il terrorista che si avvicina imbottito di esplosivo di bulloni e chiodi e pronto ad esplodere non ha paura di morire anzi è felice di farlo convinto che andrà a congiungersi nell’aldilà con 100 vergini. Individui così, che non rispettano la vita propria, che la disperdono dietro cose così remote, che uccidono convinti di svolgere una missione per conto di Dio, non possono non farci paura. E’ tremendamente normale, che tutto ciò, con il bagaglio di orrori che questo comporta, ci sconvolga.
Ma non è ancora finita. Perché dietro a tutto ciò c’è un motore che alimenta incessantemente l’odio verso la nostra società vestendolo con religione islamica. Sarebbe lungo ed è un discorso ampiamente svolto da giornali e tv su quanta parte abbia ancora oggi nel mondo islamico una componente liberale e democratica, e su come vi siano milioni di musulmani che disprezzano il terrorismo. Ma è sempre più tenue, sempre più labile. Quella che emerge ogni giorno con sempre maggior forza (perché così vuole l’ISIS) è quella del musulmano che ci spara inneggiando ad ‘Allah è grande!’.
Cosa c’è di terrificante in questo? Perché è così mostruoso che persone in carne e ossa come noi, siano spinte dall’odio e dal fanatismo a volerci annientare e distruggere uno dopo l’altro. Perché è così sbagliato mettere al centro delle loro azioni la religione? Cosa c’entra Dio con tutto ciò? Quale Dio può volere tutto questo?
Purtroppo non c’è da meravigliarsi, perché tutto questo è già successo anche troppe volte nel corso della storia. E non si può pensare che sia un male che tocca solo a noi. E’ già successo più e più volte nella storia dell’uomo. E’ lo stesso Dio che invocavano gli inquisitori quando straziavano e torturavano povere donne in nome della religione. E’ lo stesso Dio che permetteva di torturare con macchine sadicamente ingegnose e con i modi più orribili persone in odore di eresia. E’ lo stesso Dio che spingeva i Crociati nelle Guerre Sante. Ma quali Guerre Sante? Chi può solo immaginare una simile bestemmia?
Non è mai esistita e mai potrà esistere una guerra santa. Che si creda in Dio o no, non potrà mai esserci un Dio dietro fatti come questi. Ci sono sempre stati gli uomini. Purtroppo c’è la bruttezza di un eterno ritorno. Sembrano quelle forme deviate di male che risorgono dalle ceneri sempre più forte ed agguerrite. Una sorta di perverso videogioco dove ad ogni livello sorge davanti a noi una entità sempre più mostruosa e potente.
Sembrava che l’orrore della tortura fosse qualcosa che apparteneva ad un passato remoto e dobbiamo invece abituarci a pensare che è un qualcosa di tristemente presente con cui dobbiamo convivere, e dobbiamo fare uno sforzo per capire. E’ con lo stesso spirito con cui si cerca comprendere senza negare che si deve guardare ai fatti e ai massacri dell’ISIS.
E’ probabile che nella strategia di quelle organizzazioni vi sia di spingere lo scontro alle estreme conseguenze fino a farne un conflitto di civiltà, togliendo gli spazi del dialogo, della comprensione e del dibattito, anche e soprattutto all’interno del mondo musulmano.
Noi occidentali sappiamo, per storia, per cultura e per evoluzione che solo dalla comprensione e dal dialogo può nascere un confronto. Se accettiamo la logica della guerra come soluzione a ciò che è stato messo in atto a Parigi, accettiamo di portare lo scontro esattamente dove vuole il califfato dell’ISIS e cioè nello scontro fra civiltà.
Se smettiamo di pensare all’uomo e al perché dentro di lui possono vivere l’orrore e la bellezza, se rifiutiamo questa realtà, smettiamo di essere uomini.